In una sala consiliare gremita, venerdì 5 maggio 2017, il Direttivo dell’associazione Amici di Giovanni ha consegnato i due assegni ognuno da 2500 euro alle due studentesse che hanno conseguito il 16° Master universitario in Cure Palliative. Il contributo economico per l’impegno e gli studi è stato assegnato a Giulia Morona, 25 anni di Valdobbiadene, laureata in Scienze Infermieristiche e il cui master si è concentrato sulle potenzialità dell’ipnosi all’interno delle cure palliative. Il secondo maxi assegno, invece, è stato conferito alla dottoressa Isabel Josè Joao, medico di 29 anni del Mozambico, appositamente trasferitosi in Italia per studiare le cure palliative durante il Master. Ospite d’onore della serata, il professor Bruno Andreoni, direttore del 16° Master e luminare nel settore delle cure palliative.
Dopo gli onori di casa fatti dal sindaco Valerio Perroni, è toccato proprio ad Andreoni illustrare gli ultimi progetti e le attività della sua Fondazione Lu.VI onlus, pioniere nel costruire un nuovo modello di hospice con la milanese Cascina Brandezzata, un vecchio cascinale abbandonato e poi ristrutturato dalla Fondazione in cui si trovano 12 stanze riservate alle cure palliative: un luogo dove alcune persone malate sono accolte per vivere dignitosamente la fase finale della loro vita, assistite dai loro familiari e da operatori socio-sanitari adeguatamente formati. “Abbiamo cambiato l’approccio – ha spiegato Andreoni – L’hospice non è e non deve essere un luogo terribile. È, invece, un luogo aperto dove ad esempio celebriamo matrimoni, feste, battesimi. La cascina è diventata un luogo di incontro e di aggregazione. Abbiamo anche creato un giardino fiorito che di giorno diventa a tutti gli effetti un parco pubblico”.
Dopo aver illustrato le attività della Fondazione, Andreoni ha proseguito nel distillare pillole di saggezza. “Non ci dobbiamo scordare che la rete di solidarietà che vogliamo creare sulle cure palliative deve integrarsi con l’assistenza socio sanitaria, con le attività di formazione come il master, quest’anno giunto alla 17 edizione, e poi con le attività di comunicazione, divulgando e informando le famiglie. Le cure palliative domiciliari si stanno molto sviluppando ma non dobbiamo trascurare una cosa: la fragilità. Dobbiamo essere sensibili nell’intercettare le difficoltà, perché oggi c’è grande fragilità. La ritroviamo nei poveri, che sono diventati moltissimi, negli anziani che sono spesso soli ed anche nei migranti, fragili perché lontani dalla loro terra, dalla loro cultura”.
La parola è poi passata a Giulia Morona che, con un pizzico di emozione, ha presentato una sintesi del proprio studio sulla valenza dell’ipnosi nelle cure palliative. “L’ipnosi è applicabile alle cure palliative perché abbraccia un’ampia gamma di pazienti – ha spiegato – Molti scienziati hanno provato ad utilizzarla. Ha una potente funzione analgesica: riduce ansia e disperazione e aiuta la persona a scoprire le proprie nuove risorse in quella che è la nuova fase di malattia. Il controllo dell’ansia, dei sintomi del dolore e degli effetti dei farmaci sono obiettivi raggiungibili con l’ipnosi e possono a tutti gli effetti migliorare la qualità di vita del paziente”.
Assente giustificata, invece, il medico Isabel Josè Joao, rientrata subito in Mozambico non appena conseguito il Master. I suoi saluti sono stati riportati dal dottor Riccardo Gini, che all’interno dell’associazione Amici di Giovanni cura la componente scientifica e programmatica. “Isabel si scusa di non essere presente ma è già ripartita per il Mozambico – ha detto il medico di Villa Guardia – Mi ha pregato di portare il suo vivo ringraziamento. È una ragazza serafica che esprime gioia di vivere. Viene da un paese con un servizio sanitario presente solo nella zona sud del paese, dove c’è la capitale. Pensate, qui c’è un piccolo reparto con 6 posti letto per le terapie palliative. Praticamente nulla, se calcoliamo che il Mozambico ha 26 milioni di abitanti. la dottoressa Isabel è venuta per studiare, capire e riportare nel proprio Paese le conoscenze apprese. Opererà in una nazione lunga 2500 km e che, ad eccezione della capitale, è prevalentemente composta da casetta di fango e paglia. In Mozambico la terapia del dolore la si fa con tachipirina, la morfina è un tabù. Abbiamo premiato pertanto la sua tenacia, la sua voglia di imparare, di divulgare e poi formare nel suo territorio i medici e gli infermieri circa le cure palliative. Ha dovuto imparare l’italiano per studiare questo master. Grazie Isabella e grazie a Giulia per il loro studio. Loro sono il futuro. Ed è nostro compito sostenere questi giovani che saranno il nostro ricambio!”.
Lo stesso professor Andreoni ha sottolineato il merito della dottoressa africana che, fin da subito, aveva detto che sarebbe tornata in patria per condividere gli studi. “Il giorno dopo il master ha preso l’aereo ed è partita. Sono molti gli stranieri che studiano in Europa, in Italia ma che poi scelgono di fermarsi qui. Lei, invece, ha fatto una scelta di cuore e merita i nostri applausi”.
In conclusione è toccato poi al dottor Riccardo Gini fare il punto sui progetti dell’associazione: “Il 13 maggio si conclude il corso di formazione per i volontari. Siamo riusciti a formare ben otto volontari per un paese di 8000 abitanti: sono una grandissima risorsa. I medici dei reparti di oncologia ci stanno contattando per consolidare la rete, c’è grande disponibilità insomma. Invito tutti però a stare vicini a questi persone: il volontario non deve mai sentirsi solo. Ha un compito importante”. Nella panoramica sugli sviluppi futuri ecco poi il richiamo a partecipare il 25/26/27 agosto alla tre giorni di festa nel parco comunale di Villa Guardia e la volontà di “riuscire a realizzare un progetto che ci sta a cuore: creare un supporto psicologico per i pazienti, inserendo una nuova figura professionale con le dovute competenze”.
Prima di concludere ecco la notizia positiva attesa: “Abbiamo deciso di rinnovare i due premi per un totale di 5000 euro per altre due tesi del 17° Master in cure palliative. Voglio però annunciare che 2500 euro sono già in cascina, grazie alla generosa donazione della signora Rosanna Aquilini, oggi qui presente in sala, che ha deciso di versare il premio di 2500 euro, volendolo intitolare a suo figlio Roberto Viganò, scomparso a 60 anni ma che ha scelto di scrivere il proprio ‘finale’ seguendo consapevolmente le cure domiciliari palliative. Rinnoviamo pertanto il nostro appoggio a chi studia questo ambito. L’intento è quello di stimolare i giovani professionisti a cercare di studiare l’ambito delle cure palliative domiciliari con un’attenta dignità nei confronti del malato, della scelta delle cure, condividendo tutto il percorso con i familiari”.
Applausi convinti dal pubblico, tra cui erano presenti numerosi esponenti delle realtà associative del paese così come medici e operatori sanitari della provincia di Como.
a cura di Alessandro Gini – Villa Guardia Viva